Quando ti accorgi di esserti dimenticato la fine del film, ma non hai i soldi per rifare il montaggio.
Giappone, un bosco, notte.
Due poliziotti guardano le foglie. Forse hanno trovato qualcosa.
Titoli di testa inquietanti che mostrano gente scomparsa.
Ospedale. Bambini ombra che corrono.
L’investigatore attende un interprete per riuscire ad interrogare una creatura che giace, bendata e incellophanata, su una sedia a rotelle. Praticamente è una coscia di pollo maltrattata e rinchiusa dentro quei sacchettini di condimento pronto.
Sguardi preoccupati, qualche domanda, il pollo biascica qualcosa e l’interprete superfigo capisce che in realtà è un tacchino. Americano e ansimante.
Iniziano le indagini serie. Qualcuno fa partire un video.
Kate prova la videocamera nuova. Ci tiene molto a farci sapere che partirà col suo migliore amico, Chris, che ha davvero tanto bisogno di viaggiare perché il fratello è morto in un incidente, e che non può partire col fidanzato perché è stronzo. Il punto, però, è che non è un viaggio turistico e basta: lei sta scrivendo una tesi sulla Teologia e deve andare a vedere dei templi Shintoisti.
All’arrivo in Giappone James, il fidanzato stronzo di Kate, accoglie i due e stronzeggia, come farà per tutta la pellicola, perché Chris è un bel ragazzo e non un cesso a pedali come si era immaginato, l’amicizia tra uomo e donna non esiste e blablabla. James che fa battutine acide da sindrome premestruale all’amico-in-friend-zone.
Partono verso luoghi random non ben specificati, ma sticazzi è scritto tutto strano e a chi guarda il film non interessa davvero.
I tre visitano un negozio di cianfrusaglie e si imbattono in un diario rovinato che parla di un tempio sperso su un monte casuale delle migliaia di montagne del Giappone, vegliato da una kitsune.
Devono avere quel libro e devono andare in quel tempio.
E lo vogliono ancora di più quando, dopo averlo mostrato alla proprietaria, quella li caccia in malo modo e chiude direttamente il negozio.
Abbattuti i nostri eroi si dividono. Kate rimane a dormire, i maschietti si infilano in un locale dove James trova da far del buono con una giapponesina compiacente. Chris però è triste nel vedere Lo Stronzo mettere le corna alla sua adorata Kate, talmente triste che torna nel negozio di cianfrusaglie e ritrova il libro. Mezzo ubriaco lo compra da un bambinetto che compare improvvisamente alle sue spalle, dal niente. D’altronde sono giapponesi, nascono ninja.
Armati di buone intenzioni e tanta igenuità, per non dire altro, i tre partono alla volta del Tempio.
La gente del villaggio ai piedi della montagna è strana, guardinga, anziana e diffidente. Mentre cercano un luogo in cui dormire uno degli autoctoni chiede loro:
“Perché siete venuti nel mio villaggio.”
“Per visitare il tempio.”
“Hitoshi andò al tempio, ebbe delle visioni e tornò a casa con gli occhi in mano.”
Sottotitolo: l e v a t e v i d a l c a z z o.
Chris però non è un cento pieno e non capisce cosa significhi “gli occhi in mano”. E’ talmente tardo che il vecchio è pure costretto ad afferrare due mandarini.
“Non capisco.”
Vai Chris, tu si che sei forte.
Alla locanda nella quale pernottano, Chris incontra nuovamente il bambino inquietante e non gli suona affatto strano che quel dannato marmocchio sia lì, loro ci hanno solo messo un’intera giornata di macchina ad arrivare. Seita è un bambino dolce, sorridente e disponibile, quindi si offre di accompagnarli al tempio che vogliono visitare nonostante CHIUNQUE ne abbia sentito parlare sia fuggito strappandosi i capelli. Ma non c’è solo il bimbetto, c’è anche Hitoshi, quello degli occhi in mano, che racconta a Chris come anni prima fossero scomparsi un sacco di bambini attorno al tempio e di come il monaco che ci viveva fosse stato ammazzato dalla folla dopo essere stato giudicato colpevole di aver ammazzato gli infanti.
L’indomani mattina l’allegro party si inerpica sul monte e giunge ad una ex cava di pietra. James, a cui non frega un cazzo dei templi, di Chris, di Seita o della sua donna, tenta di pestare i piedi per perdersi là dentro e far finire il film molto prima, ma il regista non ascolta il suggerimento.
Riprendono il cammino e trovano la statua della kitsune raffigurata anche sul diario e tutti eccitati corrono al tempio. Seita, con un paio di colpi di tosse, li informa di aver dimenticato il gatto nella pentola a pressione e…dileguossi.
Mentre Kate fa foto ai sassi, Chris guarda intensamente il pavimento e, proprio quando distoglie lo sguardo, una mano lo afferra e lo trascina nel pavimento. Non è chiara l’entità dei danni, perché Chris alterna momenti da paralitico con piccoli sprint che finiscono in ruzzoloni rovinosi e potenzialmente letali, ma James scende a salvarlo. Ed è una bella scena, loro due che si guardano in questo pozzo buio sotto il pavimento, circondati da ossa e teschi umani. Che loro inspiegabilmente non vedono, o se li vedono…li ignorano fortissimo?
Comunque il problema è che Chris non può muoversi, Kate è incinta e non sa come dirlo a James, James è stronzo e ricevuta la notizia della dolce attesa molla tutto lì e armato di torcia si incammina verso il villaggio perché non l’ha presa affatto bene.
Un porcellino è andato al mercato.
Rimasti soli, Chris e Kate si chiudono nel tempio a dormire. James gira, gira, gira in un bosco che non conosce nemmeno di giorno figurarsi di notte, manda a fanculo la statua della kitsune e gira, gira, gira e torna dalla statua che…si anima. La statua si anima nella forma di una donna dalla testa di volpe bifronte (no, non bicefala, proprio bifronte) che assomiglia un po’ ai mostri dei Power Rangers. E la cosa inizia a inseguirlo e proprio quando ormai lo ha preso…Kate si sveglia sentendo urlare James.
“Ha bisogno di me!” proclama teatralmente lasciando da solo l’invalido Chris.
Quest’ultimo tenta il primo sprint e stramazza per le scale.
Kate corre, corre, corre e va e in un attimo è qua, proprio qua.
Davanti alla ragazza si apre l’ingresso della cava di pietra. La voce di una donna in lacrime – fitto così in giappone di tizie che a mezzanotte piangono in miniera – le fa dimenticare totalmente James e il buon senso, quindi si infila nella miniera potenzialmente sconfinata e labirinitica, armata solo di una torcia e della sua grandissima stupidità.
Infatti si perde. Trova James in piedi che la guarda male e sanguina. Prima ancora di chiedergli come sta, Kate scappa urlando in direzioni random fino a che non raggiunge un vicolo cieco nel quale si accascia, urla “Ohmmioddio non c’è alcuna via d’uscita!”, e si dispera ignorando i trenta bivi e trivi che si è lasciata alle spalle. For no fucking reason.
Chris piange e quando davanti a lui spawna un monaco davvero lento, si arrampica su per quei due gradini e si richiude dentro il tempio. Sotto il suo sguardo orripilato una torma di bambini fuoriesce dal pavimento (il mio stesso sguardo nel vedere torme di bambini fuoriuscire da luoghi anche più consoni, tipo la porta di un asilo). I bambini non hanno gli occhi, ma hanno orrendi denti affilatissimi e lo assaltano come le iene con Scar alla fine del Re Leone.
Ospedale. L’investigatore continua a chiedere al tacchino dove sia Kate, perché tanto lo sanno che James lo ha ammazzato lui.
Flashback di Chris che uccide con una pietra James.
Seita si dondola in corridoio.
Chris sbrocca e riprende all’improvviso la sua totale mobilità. Si lancia dalla sedia a rotelle come un tuffatore alle olimpiadi e con un colpo perfetto pianta una biro nel collo del povero interprete e fugge di corsa fuori dalla porta.
T I T O L I D I C O D A
Sono abbastanza sicura che manchi un pezzo di film, ma anche a riguardarlo non lo trovo.

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