In ogni uomo ci sono due lupi, in questo film ce ne sono pure troppi e non c’entrano un cazzo con la trama.

Schermata nera.

‘O unteachaby after evil, but uttering truth.’

Geralm Manley Hopkins

“O indomito appresso al male, ma proferendo il vero.”

Hold the Dark inizia così, con una citazione slegata dal contesto che, presa così, non vuol dire niente. Indubbiamente aestethic e dal significato volatile, come tutto il resto del film.
Ma partiamo da capo, che qui le cose vogliono un certo ordine.

Bosco, baracche di sputo e stagnola, neve.
Troppa neve.
Cani che uggiolano alla catena a un bimbo che seppellisce nella neve un soldatino.
Arriva un lupo, si guardano.

Una tipa chiude qualcosa con un lucchetto.
Primo piano di una maschera inquietante da lupo – non sembra importante, ma lo è.
Si fa il the e guarda il soldatino sepolto nella neve.

Chissà dove negli US, in un posto con sicuramente meno neve della cazzo di Alaska, il signor Russell Core legge la lettera di una donna che lo invita a raggiungerla per uccidere un lupo che, qualche giorno prima, le ha portato via il figlio.
Si firma Medora Sloan.
Per qualche motivo a me ignoto, il signor Russell, di cui sappiamo solo che ha scritto un libro sui lupi, rinuncia all’unica cosa furba da fare e, anziché farsi i cazzi suoi, parte per quel bel posto accogliente dell’Alaska.
Io ho freddo.

Russell e Medora si incontrano, lei controlla il retro copertina del libro di lui e se ne esce con la frase migliore da dire a un tizio che risponde a una lettera delirante e non ti conosce:
«Oh, è invecchiato.»

Senti un po’, ma vaffanculo.
Rimonto in macchina e adios.

Invece no, Russell si stringe nelle spalle e resta. Ok.
Medora rinnova la richiesta di uccidere il lupo e i due si perdono in una conversazione surreale, in cui saltano di palo in frasca.

«Ha una vaga idea di cosa c’è fuori da quelle finestre?» chiede Medora. «Il buio totale che arriva, che si impossessa di te.»

Qui inizio a essere confusa, Russell evidentemente no e la segue fuori.

«Ha conosciuto suo marito al villaggio?»
«Non l’ho conosciuto da nessuna parte, stiamo insieme da una vita. Lui è presente in ogni mio ricordo, poi mi ha lasciata qui con un bambino malato.»

C’è un motivo per le mie citazioni del film, giuro, non è per allungare il brodo.

Medora illustra i punti in cui sono scomparsi i bambini, suo figlio non è l’unico a essere stato preso dai lupi.

Con scene lente ed estenuanti, in cui lo scambio di battute è cadenzato da profondi silenzi che fanno arrancare la pellicola, internet e lo spettatore, Medora e Russell si scambiano piccoli dettagli di vita, poi si ritirano per dormire.
Dura sei minuti sta cosa, circa, ma sembrano dieci ore.

Russell si sveglia. Medora è nella vasca da bagno, la porta lasciata aperta. Si sta strappando la prima pelle a colpi di spugna e borbotta frasi sconnesse.

Mi sembra un buon momento per fare le valigie, signor Core.

Invece lui torna a dormire e all’improvviso Medora è tutta nuda in salotto, con una maschera da lupo in testa e le tette al vento. Gli si infila nel letto, gli prende la mano e si strangola.
Musica disturbante in crescendo.

Questo è il momento in cui ho capito che questo è uno di quei film con la trama vaga e messaggi ancora più vaghi, piaciuto solo a sceneggiatore, regista e direttore alla fotografia.

Afghanistan, o dio-sa-dove, con un sacco di caldo e sabbia. Un posto in cui gli americani hanno fatto la guerra, nel dubbio.
Finalmente vediamo il marito di Medora, Vernon, che con un Browning M2 spara una selva di proiettili a gente facendola esplodere in un tripudio di urla e miccette.
Trova un commilitone che stupra una donna e senza dire un cazzo gli apre delle nuove prese d’aria nei polmoni.
Sempre senza dire un cazzo, se ne va. Ok…
Viene ferito al collo in un’imboscata e rimandato in Alaska.

Russell esce per andare a cacciare il lupo che ha rapito il figlio di Medora. Una vecchia nativa americana lo ferma: «Vai a caccia di zanne di lupo? Sei sulla strada sbagliata. Quella ragazza conosce il demonio, te ne accorgerai.»
«Quella ragazza conosce il dolore. Buona giornata, signora.»
«Torna da dove sei venuto.»

Io le darei ascolto.

Seguono otto minuti di neve, campi lunghi, neve, musica disturbante, neve, una grotta con le terme, ancora della cazzo di neve, lupi, neve.
Giuro, otto cazzo di interminabili minuti di NIENTE.

Russell torna a casa di Medora. I cassettoni sono aperti, tutto è a soqquadro: lei è fuggita.
Nello scantinato che lei aveva chiuso col lucchetto, a inizio film, il nostro eroe trova il cadavere sotto cellophane congelato come un baccalà.

The fuck if I know che cazzo sto guardando.

Panico. Russell esce correndo e biascicando il bambino, tutto il villaggio va a vedere che succede, nativi che parlano nativo senza sottotitoli e dal villaggio vicino arriva lo sceriffo.

Un flashback immotivato di Sloan e il figlio malato che parlano della battuta di caccia appena conclusa, poi Sloan spiega al bambino che è giusto ammazzare la gente per proteggere le tue cose.
So fucking American!

Vernon Sloan approda in Alaska. Lo sceriffo gli fa le condoglianze e lo rassicura che si occuperanno di Medora.
Virile stretta di mano, lo sceriffo e Russell fanno per andarsene, ma Vernon richiama Russell e stringe la mano anche a lui.
Vernon rimane nel parcheggio col migliore amico nativo e due agenti, che fanno commenti su Medora e su cosa cazzo le sia saltato per la testa di ammazzare il bambino.
L’amico passa a Vernon una pistola. Lui spara in fronte a entrambi gli agenti.

EH?!

Di qui in poi il film si snoda in un surreale crescendo di sparatorie alla Scarface, solo con musica angosciante e un sacco di neve.

Vernon da la caccia a Medora, Russell decide non so bene per quale sua motivazione idiota, di aiutare lo sceriffo e dare la caccia a Vernon.
Il migliore amico nativo di Vernon si suicida per mano della polizia dopo un’improbabile sparatoria in cui, armato di M2 su treppiede, fa fuori tutti gli agenti della contea, tranne lo sceriffo che è dotato di un’armatura di plottonio – materiale potentissimo, che su Russell ha un effetto ancora più potente.

In pratica qualsiasi personaggio entri per sbaglio nell’inquadratura, da questo momento in poi, fa solo una cosa: muore, e muore male.
Vernon, con una maschera da lupo in testa che fa molto Jason Voorhees, stermina qualsiasi cosa gli si pari davanti.
Poi l’inaspettato: Russell capisce che Medora potrebbe essere alla grotta termale e accompagna fin là lo sceriffo.
L’armatura di plottonio dello sceriffo si sfalda: una freccia gli attraversa la trachea, ciao ciao sceriffo.
Russell trova Medora nella grotta con piscina riscaldata, una freccia gli trapassa un polmone e glielo fa diventare grande come un mandarino. Crolla e rimane a guardare cosa succede.

Vernon inchioda Medora al muro e inizia a strangolarla.
Lei lo guarda, languida, e lui le caccia la lingua in bocca.

Io a bocca spalancata sul divano che bestemmio.

Vernon e Medora scopano tutta la notte, con Russell che rantola con un polmone solo.
Non te lo fanno vedere ma ormai lo sai come va: famoli scopare, così, de botto, senza senso.
Il mattino successivo Medora gli dice una frase che, boh forse sono troppo poco poetica per questo film:

«Ora capisci quello che dicevo del cielo, vero?»

I due lo lasciano lì, nella grotta.
Russell ha una plot-armor potentissima e mentre striscia nella neve viene salvato da due tizi sulla slitta. Roba che se buco una gomma io probabile che nessuno passi di lì per giorni, e lui nel bel mezzo del buco del culo nevoso dell’Alaska non fa nemmeno in tempo a perdere un misero dito per il freddo.

E Medora e Vernon?
Loro vanno a recuperare la bara del figlio morto, la caricano su una slitta e si incamminano nella neve.
Stacco su due lupi, uno bianco e uno grigio, in corsa nella neve.

Russell si sveglia in ospedale, la figlia che vive ad Anchorage e con cui ha litigato gli tiene la mano.
«Cos’è successo?» gli chiede con un singhiozzo.
«Poi ti spiego.»

Parte Please come home for Christmas.
Titoli di coda.

Tutti i miei sentimenti durante la visione del film.

Cosa volevi fare in questo frantumamento di palle da 125 minuti?!

Volevi dirmi che vivere nel buco del culo dell’Alaska è così una merda che ti trovi a trent’anni ad ammazzare il figlio che hai fatto col tuo gemello?

Perché nel film ci sono frasi vaghe che fanno capire che Medora e Vernon sono gemelli, e mi sta bene, ma oltre i campi lunghi, i dialoghi spezzati da silenzi interminabili, e una scia di omicidi che boh? non c’è NIENTE.

L’impressione è che sia tutto uno sbrodolamento registico da “guarda quanto cazzo sono profondo” che non porta assolutamente da nessuna parte, e l’unico interrogativo che mi ha lasciato è:

Ma il libro da cui è tratto è piatto quanto il film?

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