Ci sono tre classi di persone: quelli di sopra, quelli di sotto, e quelli che cadono.

Trimagasi

La pellicola si apre in una strana cucina col personale in livrea, disturbanti rintocchi di un orologio a pendolo cadenzano la musica. Una specie di maggiordomo controlla che tutto il cibo sia preparato adeguatamente.

Goreng, il protagonista della “storia-non-storia”, si sveglia in una stanza di cemento, con un tizio inquietante seduto su una panchina-letto di fronte a lui. Sul muro c’è il numero 48. Il vecchio che gli sta di fronte è Trimagasi, il suo compagno di cattività.

Goreng è nella Fossa.

La Fossa è una gigantesca prigione a livelli, celle su celle, due persone per cella. In mezzo c’è un buco attraverso cui un gigantesco tavolo portavivande va su e giù. Si ferma in una cella per due minuti, poi scende.
Non si può tenere il cibo più del tempo concesso, o l’Amministrazione farà morire di caldo, o di freddo, gli occupanti della cella.

Con una conversazione dal sentore di “as you know, Bob“, Goreng si fa spiegare come funziona la Fossa.
Non si parla con quelli al piano inferiore – perché sono di sotto – e quelli al piano superiore non risponderanno – perché sono di sopra.
Si mangia quello che avanza dai piani superiori, se avanza. Più sei in basso e meno roba arriva.

Già qui è chiaro dove vuole andare a parare la pellicola e, sinceramente, sarebbe anche più che sufficiente.

E’ chiaro, sono di fronte all’ennesimo film di critica sociale contro capitalismo e consumismo. Fa molto ridere trovare questa cosa su Netflix, sinceramente.

Se vi piacciono le storie-non-storie, il gore e lo splatter, questo è il film che fa per voi. A me le storie-non-storie non piacciono. Non tollero le pellicole senza trama che come unico obiettivo hanno un “messaggio”, perché sinceramente in 94 minuti il messaggio me lo puoi pure infilare con una cazzo di trama che funzioni alle spalle.

Tutta la trama che abbiamo è che Goreng – il cui nome non è il nome vero, ovviamente – è sceso nella Fossa come volontario, senza sapere minimamente in cosa consistesse la cosa (che di base mi da una certa informazione sul grado di stupidità dell’individuo in questione). E’ lì per smettere di fumare e si porta dietro il Don Chisciotte, il primo (credo) romanzo di critica sociale spagnola.
Fine trama.
Tutti i personaggi di contorno non sono altro che un mezzo per sottolineare quanto la società faccia cagare.

Per il resto, in quei 94 minuti, non c’è altro che gente che mangia, vomita e muore in modo molto gore.

Fotografia e ambientazione funzionano, per carità: toni freddi, claustrofobia, atmosfera soffocante e angosciante. C’è tutto.
Ma a livello di storytelling: siamo sotto lo zero.

Se volete un BEL film di critica sociale, piuttosto prendetevi 132 minuti per guardare un bel film come ‘Parasite‘, che oltre al messaggio ha un’eccelsa opera di storytelling che non si riassume in “dobbiamo cacciare un tizio in un buco di merda, diciamo che voleva smettere di fumare”.

Lo so, dovrei smettere di citare ‘Parasite‘, ma ancora non trovo un film di critica sociale che mi faccia dire “ok, ne è valsa la pena”.

2 risposte a “Il Buco – The Hole”

  1. Parasite ! Grande film ! Sono d’accordo su quanto hai scritto ! Mi rifiuto categoricamente di vedere roba Netflix !

    1. Io non schifo genericamente le produzioni Netflix, perché ogni tanto c’è qualche prodotto di qualità, però in generale la media è molto molto molto bassa, hai ragione.

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