In guerra, la verità è la prima vittima.

Eschilo

Questa è la citazione che da il via a questo intreccio di storie: una famiglia di Nairobi che, nella povertà, cerca di vivere una vita tranquilla all’interno di un quartiere controllato da Al Shabaab; il Colonnello Kathrine Powell (Elen Mirren) che in Inghilterra si sveglia con la notizia che un agente dei servizi britannici e kenyoti è stato giustiziato a Nairobi dagli agenti di Al Shabaab; il Tenente Steve Watts che a Las Vegas si sveglia alle 20.45 per recarsi alla base militare e incontrare l’Aviere Carrie Gershan.

Questi i tre scenari principali, ed anche alcuni dei personaggi. Watts e Gershan sono la squadra ai comandi del Colonnello Powell per l’Operazione ‘Airone’. Nel quartiere di Barklands ci sarà un incontro dei membri di Al Shabaab, una di loro è un ex cittadina britannica, Susan Dunford. Tutti sono ricercati per una serie di attentati. Lo scopo di ‘Airone’ è bloccare l’incontro e catturare tutti. Il compito di Watts e Gershan è essere l’occhio nel cielo – da cui il titolo originale – dei servizi segreti.
Tutto è seguito da remoto dal Generale Frank Benson (Alan Rickman).

Tutto facile, liscio, è un’operazione “semplice”, che però si complica immediatamente. Gli obiettivi lasciano l’incontro prima del previsto: a quanto pare la Dunford non è ancora arrivata e quello è il loro obiettivo principale. In realtà lei è già sul posto e se ne va altrove.

L’occhio nel cielo segue tutto lo spostamento, la macchina entra in un quartiere malfamato controllato da Al Shabaab, troppo rischioso seguirli in macchina: l’unico modo di monitorare la situazione è l’occhio nel cielo.

E tutto si svolge lì, attorno all’abitazione del quartiere di Nairobi controllato da Al Shabaab, dove una bambina gioca di nascosto con l’hula-hop e dei terroristi programmano attentati, tutti inconsapevoli dello sguardo onnipresente dell’occhio, dell’esercito Kenyota, Americano e Inglese.

L’Operazione ‘Airone’, da operazione di cattura si trasforma in operazione per uccidere.

I 102 minuti di pellicola procedono a ritmo serrato, nonostante le scene di immobile attesa operativa, scandita da telefonate e comunicazioni via radio tra centri operativi e spie sul campo, rallentati dai tempi della burocrazia.

Il peso delle decisioni, per chi è lontano dal centro di comando, è sempre molto più leggero di quello che grava sulle spalle degli operativi. Stupendo ritratto di come sia semplice, per chi è rinchiuso nelle sale di potere, prendere decisioni e di come il peso dei ‘danni collaterali’ si alleggerisca all’appesantirsi di gradi e mostrine militari. La freddezza di un ordine impartito per un bene più grande si scontra con violenza contro l’emotività di chi lo deve eseguire.

Una replica a “Il diritto di uccidere – Eye in the Sky”

  1. Film visto a suo tempo. Mi era piaciuto molto e sullo stesso filone, ne sono stati fatti tanti, sempre lato americano ma tutto sommato fatti abbastanza bene cercando un obbiettività che alle volte, in cose di guerra, è difficile avere.

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