A una prima occhiata è Mulan, per fortuna non lo è.

Credo, sinceramente, una delle copertine più belle degli ultimi anni.

Un villaggio afflitto dalla carestia in una pianura gialla e polverosa.
Due fratelli a cui sono assegnati due destini diversi.
Lui è destinato alla grandezza.
Lei è destinata a essere niente…
«Mi rifiuto di essere niente

«Mi rifiuto di essere

niente

Voto totale: ★★★☆☆

Trama: ★★★☆☆

La trama sembra più complessa di quanto non sia in realtà.
Sullo sfondo del crollo della dinastia mongola che dominò la Cina del 1300, si incrociano le strade di Zhu – una contadina nata durante una carestia, destinata a essere nulla desidera un futuro di eccellenza – e il Generale Ouyang – rampollo di una famiglia di nobili, avrebbe dovuto avere tutto e si trova ad essere nulla. Simili ma opposti, le loro storie si intrecciano.

All’inizio sembra di leggere Mulan, ma per fortuna non è così. Le uniche cose che hanno in comune Zhu e Mulan, sono la partecipazione alla guerra e il dover nascondere la loro identità femminile.

Personaggi: ★★★☆☆

Zhu Chongba: non è il nome della protagonista, lei un nome suo non ce l’ha. È il nome che ruba al fratello morto, che da il via a tutta la sua storia e con il quale si identificherà fino alla fine.
In teoria la protagonista è lei, ma il suo personaggio ha una potenza relativa, che affoga a confronto di quello del suo comprimario maschile.
Ha un dramma che dovrebbe risaltare, ma non riesce ad essere pienamente trasmesso. Non so cos’abbia, esattamente, ma c’è qualcosa in lei che la tiene a distanza, non riesco a dispiacermi per lei, per quanto il suo sia oggettivamente un dramma non mi provoca alcuna compassione.
Per tutto il tempo mi da l’idea di essere un personaggio riuscito a metà, ed è grave per quello che dovrebbe essere un protagonista.

Il Generale Ouyang: nonostante sia un uomo, a differenza di Zhu il suo dramma è più vivo, vibrante, sentito. Forse è perché i suoi sentimenti, le sue emozioni, sono tutte più vivide e definite di quelle di Zhu, ma se dovessi scegliere, nel mio cuore il protagonista è lui ed è sua la storia che avrei voluto seguire negli ultimi capitoli.
È la mia crush? Sì.

È solo grazie a lui, ed alcuni dei comprimari presenti nella sua storia – come Esen e Baoxiang -, che ho portato le stelline da due a tre, perché hanno una caratterizzazione molto più riuscita, nel complesso, di Zhu e Ma (la comprimaria di Zhu).

Stile: ★★☆☆☆

Un libro con un potenziale ENORME, ma…

Il ritmo narrativo passa dal lento al lentissimo.

Le descrizioni sono potenti, dettagliate, ma il punto di vista è ballerino. È in terza persona, ma la focalizzazione va da zero; a interna; a esterna; senza sosta, col risultato che è difficile distinguere se gli spettatori dell’evento descritto, se la descrizione – o il giudizio reso in merito a qualcosa/qualcuno – sia del frutto del personaggio o del narratore.

È sempre poco chiaro di chi sia il giudizio reso, soprattutto nel filone narrativo di Zhu.

I dialoghi, brevi, sono inframmezzati da lunghissime introspezioni che perdono tutto il carico emotivo, a favore di una ricercatezza di prosa da literary fiction che trovo, francamente, sfiancante. Ci sono frasi come:

“La parte deteriore fece scaturire un disprezzo di sé tanto forte da estrinsecarlo dalla propria interiorità…”

Questa mi ha particolarmente colpita, ma sono tutte su questo registro.

I personaggi dicono di provare un’emozione, ma non la provano e, di conseguenza, non la prova neanche il lettore. Il risultato di questo costante distacco emotivo tra personaggio e lettore, di questa mancanza di simpatia coi personaggi, è che per tutta la narrazione prevale un sentimento di lontananza.

Si empatizza coi personaggi (e onestamente non sempre), ma non si simpatizza con loro, perché la loro rabbia, il loro dolore, tutte le loro emozioni, sono lontane.

Non si è immersi nella storia, accanto ai personaggi che la vivono, ma si assiste a tutto lo svolgimento attraverso un vetro opaco che rende tutto molto ovattato, soprattutto l’emotività e il pathos. Ho apprezzato davvero solo un unico punto, in cui il pathos l’ho sentito dentro, ed è una parte brevissima verso la fine del libro.

È un libro faticoso, ma non per il contenuto, ma proprio per questo stile aulico e sinceramente non necessario, che mira a complicare frasi dalla resa molto più semplice, immediata e viscerale.

Genere:

Pare che sia uno storico light-fantasy con tematiche LGBT+ (che presumo siano il motivo principe per cui questo libro sia stato pubblicato e tradotto).

Di storico c’è il contesto, è vero, e si ripercuote molto bene sulle dinamiche dei personaggi; ma l’amore saffico tra Zhu e Ma l’ho sentito un po’ forzato per i tre quarti dello svolgimento, non un sincero amore da donna a donna, quanto più un ripiego di entrambe. Per Zhu perché è asessuata per praticamente tutto il libro, per Ma perché teme il destino che una donna può avere a fianco di un uomo. Anche alla fine del libro questa coppia non mi ha lasciata particolarmente convinta.
Molto sentito e sincero, invece, l’amore struggente di Ouyang per Esen. Forse è tutta una questione mia, perché in generale ho trovato deludente il personaggio di Zhu, ma ho trovato tutto molto più trasparente e meno forzato in ciò che ruotava attorno ad Ouyang.

La parte fantasy, con lei che vede i fantasmi e la storia del Mandato del Cielo che si presenta in forma di fiamma, se da un lato è cruciale all’interno della trama, dall’altro è trattata in modo così superficiale che la domanda che mi sono posta a metà libro: “ma era davvero necessario?”; alla fine non ha trovato una risposta chiara.

Consiglio di leggerlo?
Nì.
Sì, se vi piace la literary fiction, la bella prosa e i romanzi storici.
Ni se cercate qualcosa che emozioni, perché la lunghissima narrazione di Zhu praticamente non ne ha nessuna e lo stile di scrittura faticoso facilmente porta all’abbandono.

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