Cosa succede quando mescoli dark fantasy, romanzo psicologico e giallo investigativo?

Succede che ti ritrovi tra le mani un libro come Sogno di Città della Morte, scritto dall’autrice neozelandese P.J. Nwosu e pubblicato in Italia da LetterElettriche.
Un titolo strano, borderline, difficile da incasellare.
E forse proprio per questo affascinante.
Diciamolo chiaro: Sogno di Città della Morte non è un libro per tutti.
Ma se ti piacciono i mondi dalle atmosfere cupe e claustrofobiche, e i personaggi che arrancano tra le macerie di un sistema marcio, allora potresti aver trovato il romanzo giusto per uscire dalla tua comfort zone.
La trama (senza spoiler)
Nel Regno Rosso, la leggenda narra che i Giganti della Morte siano stati fermati solo grazie al sacrificio delle Undici Figlie Morte.
Le loro tombe, monumentali e sacre, tengono a bada le creature.
Da quel momento, tutto è governato dalle Leggi Rosse: un sistema rigido di caste, burocrazia asfissiante e obbedienza cieca.
Thora, appartenente alla casta più bassa – la Polvere – lavora come assistente investigativa per la Casa dell’Investigazione. Con lei c’è Diem, un investigatore caduto in disgrazia. I due vengono mandati a Città della Morte per indagare sulla scomparsa della figlia di un Nobile del Sole.
Solo che Città della Morte non è come il resto del Regno. Le Leggi Rosse qui non hanno lo stesso peso. E ciò che Thora e Diem troveranno cambierà il loro modo di vedere se stessi, la società e il potere.
Cosa funziona (e perché)
Il Regno Rosso: un worldbuilding sporco, vivido, disturbante
Ciò che è morto è morto, e tutti moriranno…
Il Regno Rosso è un mondo intriso di morte, sangue e oppressione. La morte delle Undici Figlie è ovunque; tutto ruota intorno alla morte, alla gerarchia; al controllo.
L’autrice riesce a rendere tutto questo senza info-dump: il sistema lo capisci mentre lo vivi, attraverso i dialoghi, i comportamenti, i modi di dire.
Un esempio su tutti: le imprecazioni, i saluti, i giuramenti. Ogni parola è scelta con cura per immergerti nel mondo senza tirarti fuori dalla storia.
L’atmosfera: una colata di pece
Questo libro non si legge, si attraversa. È gelido, opprimente, viscido. Sembra di camminare in un corridoio buio dove ad ogni passo si affonda un po’ di più. E non è solo un effetto dello stile: è la coerenza totale tra linguaggio, ambientazione e condizione emotiva dei personaggi.
Diem: un grigio magnetico
Nonostante sia meno presente in termini di quantità di punti di vista, Diem è uno dei personaggi più riusciti.
È chiuso, criptico, segnato da un passato che l’ha fatto retrocedere di grado. Ma tutto in lui è chiaro: motivazioni, obiettivi, pensieri. È un grigio affascinante e coerente. Uno di quei personaggi che non hanno bisogno di sbraitare per farsi notare.
Cosa non convince del tutto
Thora: un’idea forte, ma poco dinamica
Thora parte da una premessa potente: è una schiava della casta più bassa, condannata alla sua condizione, e per giunta donna in un mondo che la opprime due volte. Il suo desiderio di ribellarsi e dimostrare di valere più della “Polvere” è chiaro…
Ma l’arco emotivo non decolla.
Più che un’evoluzione (o meglio, un crollo), sembra un continuo ristagno. Le stesse frasi, gli stessi pensieri, le stesse emozioni si ripetono, senza che ci sia una vera progressione.
Un peccato, perché la base c’era tutta.
2. Il Battito Infranto: affascinante, ma troppo nebuloso
Nel Regno Rosso esiste un potere proibito, tutto femminile: il Battito Infranto. Se ne parla tanto, le Leggi lo vietano, Thora lo teme e lo desidera… ma non è mai chiaro cosa sia.
Non è solo una questione di mistero narrativo: il Battito diventa centrale nella trama, ma senza che il lettore abbia gli strumenti per comprenderlo davvero.
È il simbolo di un’energia sovversiva, di una libertà negata, ma rimane troppo vago per funzionare del tutto, per avere il peso che merita. Il risultato è che l’attenzione del lettore si concentra troppo sul cercare di capire come funziona, piuttosto che coglierne il valore simbolico
Perché vale la pena leggerlo
Perché è diverso.
Sogno di Città della Morte è un ibrido ben costruito: low fantasy + romanzo psicologico + indagine investigativa. Nessun elemento starebbe in piedi da solo, ma insieme formano un equilibrio inaspettato.
Non è un libro che ti prende per mano: ti spinge nel fango e ti dice “vedi tu se vuoi restare”.
Non è per chi cerca:
- ritmo serrato;
- combattimenti epici;
- eroi puri di cuore;
- magia spettacolare.
È per chi vuole:
- un’esperienza disturbante e cerebrale;
- personaggi grigi e complessi;
- una narrazione lenta ma stratificata.
Conclusione
Sogno di Città della Morte è un esperimento riuscito, ma non accessibile a tutti. Richiede pazienza, attenzione, e un certo gusto per il disagio narrativo.
Lo stile può risultare criptico e pesante, ma se ti lasci trascinare, quello che offre è un mondo disturbante e coerente fino in fondo.
Se ti piacciono i fantasy che non somigliano a niente di già letto, mettilo in lista.
Ma sappi che non sarà una passeggiata.

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